MEGLIO TARDI CHE MAI, IN BASILICATA LA CURA A CASA CONTRO IL COVID – 19
SI SPERA SI ATTIVINO PRESTO I TEAM CHE LA REGIONE HA PROGRAMMATO
Sono state decise il 25 marzo le “Misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 con l’istituzione delle unità speciali” Sono le equipe che la Task Force ha deciso di mettere in campo in seguito a una riunione del giorno precedente nella quale sono emerse “alcune criticità tra cui quella di maggiore rilevanza è rappresentata da una assistenza territoriale non sempre tempestiva” E per questo hanno ritenuto “di rispondere alla criticità ipotizzando il rafforzamento delle attività di assistenza
territoriale attraverso l’istituzione di specifici team” In poche parole a pandemia inoltrata hanno compreso che la situazione così com’è, visto che dei team ancora non si è visto il varo, è critica e la risposta è non all’altezza, hanno pensato di porre rimedio. Ma come dovrebbero funzionare secondo la Task Force i team: le unità speciali dovrebbero consentire ai medici di famiglia, ai pediatri e a quelli della guardia medica di potenziare la loro attività assistenziale sette giorni su sette, dalle 8 alla 20. I componenti sanitari dovrebbero essere tanti quanti sono i medici della guardia medica o in numero congruo. Possono farne parte, oltre ai medici di continuità assistenziale, anche i neo iscritti all’ordine dei medici. I team previsti sono 6, uno ogni 50mila abitanti. La gestione è affidata alle aziende sanitarie della regione. Ed entro tre giorni dal 25 marzo era previsto dovessero essere organizzate iniziando coi medici di continuità assistenziale. Il loro compito principale è di assistere sia i pazienti con patologia Covid – 19 sia quelli con problemi, sospetti di contagio, in attesa di risposta del risultato del tampone. Ovviamente dovranno ricoverare i pazienti che ne avranno bisogno. Saranno le aziende sanitarie a dover fornire le attrezzature e i farmaci necessari all’attività. Sarà il medico di famiglia a chiedere al team di riferimento di prendere in carico il paziente. E’ prevista la possibilità che non si trovino medici in numero sufficiente e per questo potranno essere assunti quelli proposti dagli ordini dei medici della regione. E sul tema l’esperienza del medico oncologo di Piacenza, che col suo caposala sta curando e monitorando i pazienti a casa loro, ottenendo così due risultati di grande rilievo: la cura precoce, che anche in questi casi è fondamentale, e quindi la diminuzione dei ricoveri in ospedale. Sulla scia di questo modello
esemplare la regione si sta organizzando, con un ritardo che ha comportato non poche difficoltà alla sanità della regione. A partire dall’impreparazione dei medici di famiglia, sprovvisti di ogni strumento di riparazione della loro incolumità. In questo l’ordine dei medici probabilmente avrebbero dovuto dare attraverso gli specialisti indicazioni chiari ai loro iscritti medici di famiglia. Proprio perchè l’epidemia, pur se è stato un Tsunami, era attesa e comunicata dalle previsioni sanitarie. Fra le tante possibilità “sprecate” ma forse recuperabile, c’è quella del mancato utilizzo delle strutture che già si occupano per conto delle aziende sanitarie dell’assistenza domiciliare. Sono già diramate sul territorio e che con pochi assestamenti e configurazioni adeguate avrebbero potuto essere pronte al momento giusto per dare una forte mano alla gestione della pandemia.