A RISCHIO LO STATO DI IRCCS DEL CROB

A FINE GENNAIO LA VISITA DELLA COMMISSIONE DEL MISE, MA I NUMERI NON TORNANO

Il CROB IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a carattere Scientifico) di Rionero è in procinto di ricevere, a fine (mese di) gennaio, come accade ogni due anni, la visita della commissione del Ministero che si occupa di valutare lo stato di salute della ricerca nei diversi istituti, verificandone i parametri e la rispondenza alle prescrizioni per ottenere lo stato di ricerca. Nell’ambito della ricerca sui tumori sono otto in Italia gli istituti. Come è noto agli addetti ai lavori, ed è fisiologico, quello lucano è fra quelli che producono meno ricerca. A ogni ispezione è stato in bilico nel ricevere il rinnovo, fin dal 2012, quando la commissione valutò scarse l’attività e le attrezzature prescrivendo miglioramenti e investimenti,

Pellegrino Musto

pena il mancato rinnovo alla successiva valutazione. Dopo cospicui investimenti e costose convenzioni con istituti di ricerca, come quello dei tumori di Milano e quello di Napoli diretto dal dottor Marco Salvatore, direttore scientifico, anche del Crob fino a qualche anno fa dopo diversi direttori generali, è subentrato come direttore scientifico il dottor Pellegrino Musto, già direttore dell’Ematologia dello stesso Crob. Le attività sono migliorate fino a riuscire a far “solo galleggiare” l’istituto rionerese nel mondo della ricerca. A fine 2018 Musto ha preferito lasciare Rionero per tornare a Bari; il 25 gennaio 2019 è arrivata la nomina del nuovo direttore scientifico. Il professore Alessandro Sgambato, della facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” dell’Università Cattolica di Roma. E dai dati a disposizione, negli ultimi due anni, sotto la direzione del dottor Sgambato, la produzione scientifica degna di pubblicazione sulle riviste specializzate,

Alessandro Sgambato
Sileri in visita al Crob col presidente Bardi

quelle che assegnano l’Impact Factor (numero medio di citazioni ricevute in articoli pubblicati sulle riviste scientifiche), è più bassa di quanto necessario per ottenere il rinnovo come istituto di ricerca. E’ uno dei parametri fondamentali. Infatti è sceso di molto. Se negli anni precedenti è risultato appena sufficiente (sul valore minimo richiesto di 600, ha ottenuto 305 nel 2017, e 310 nel 2018 per un totale di 615), è calato a picco nel 2019: solo 210. E per il 2020 non andrà meglio, si prevede un Impact Factor pari a 200, per un totale di poco più di 400′, con un terzo meno del minimo necessario. Alla luce di questi dati l’istituto rionerese non avrebbe la sufficienza prescritta, quantomeno nella parte fondamentale, per ottenere il rinnovo come Istituto di ricerca. Le motivazioni sarebbero da ricercare nella perdita di diversi ricercatori, una quindicina, mai rimpiazzati, nello smantellamento di alcune attività complementari e fondamentali per la ricerca, nello scarso contributo alle attività di pubblicazione da parte del nuovo direttore scientifico rispetto al suo predecessore. Quella del Crob è una vecchia storia condizionata da sospetti e spirito campanilistico esasperato. Vengono alla mente: dubbi premi, false comunicazioni e cosìddette patacche. Fino all’essere un istituto senza le necessarie professionalità mediche. Sono state diverse le emorragie di medici negli anni, fino a lasciare settori assistenziali scoperti, o così ridimensionati, da non poter portare avanti le attività all’altezza di un Irccs. Intanto la Regione, col presidente Vito Bardi e l’assessore Rocco Leone, durante l’ultima visita del Vice ministro Sileri, ha annunciato ulteriori investimenti. Come se il continuo rimpinguare le casse di quella struttura sia l’unico propulsore per la ricerca. Purtroppo così non è e come è chiaro ormai a chiunque: “sono gli uomini e le loro idee e programmazioni a muovere il mondo” Invece in Basilicata sembra che tutto il fondamentale sia “opzionale”.

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