GIANNI ROSA E IL “BANCO” DELL’INFORMAZIONE

L’assessore si presenta col vestito della domenica, si può credere a tutto quello che la sua “truppa della comunicazione” vuol far intendere?
C’è un’aspra polemica fra l’assessore all’ambiente della regione Basilicata, Gianni Rosa, e “la Nuova del sud” giornale locale diretto da Donato Pace, già capoufficio stampa della regione. Il protagonista della polemica, insieme a Rosa, è Nino Grasso: editorialista prima e dopo la sua esperienza di portavoce del presidente De Filippo prima e di Pittella poi; nasce da un suo editoriale. Secondo Rosa lo avrebbero offeso. In particolare con la definizione di “inciucista” con le compagnie petrolifere; con le quali l’assessore all’ambiente ha continui contatti. E da qui si è scatenata una bagarre che, a tratti, sembra indirizzata a “confondere le carte” Il tema estrazioni petrolifere è delicato e affligge la Basilicata da oltre vent’anni. Lo stesso Rosa dai banchi dell’opposizione quando era consigliere, non ha fatto mancare sottintesi e lamentele verso la parte politica avversaria che era al governo. Oggi è lui l’oggetto di critiche e sospetti più o meno legittimi. Come ci ha abituati Rosa non ci sta e mostra i denti. Fino a proferire quelle che sono sembrate a molti sottintese minacce a Grasso. Gli ha detto in un simil dialetto romanaviglianese: “nun te permette chiù” Subito rimbalzate sui tavoli dell’assostampa e dell’ordine dei giornalisti, il messaggio è stato stigmatizzando insieme al comportamento di Rosa, è stato sottolineato che la libertà di stampa non può essere minata. Rosa e i suoi si dicono pronti a rispettare la libertà stampa, chiedendo atteggiamenti meno aggressivi e offensivi. Il solito gioco delle parti. E si difende a spada tratta anche attraverso i social, promettendo querele. I suoi gli fanno da spalla, spesso con argomentazioni risibili, altre con giuste osservazioni. Come quella che riguarda l’editore del giornale “offensivo”: con interessi che si intersecano con la regione, anche con lo stesso assessorato retto da Rosa. La conseguenza sono i sospetti sulla imparzialità della linea editoriale e su alcuni articoli che proprio per “l’intreccio” fra regione, editore, direttore ed editorialista, si prestano a “interpretazioni” che ne minano la credibilità. La domanda è: Rosa, coi suoi, può ergersi a “duro e puro”? Intanto per l’evidente cambiato atteggiamento si potrebbe dire che ha “tradito” i suoi stessi annunciati presupposti da consigliere. Era sempre sul pezzo, pronto a criticare con interventi a mezzo stampa e interrogazioni: concorsi, nomine, affidamenti e incarichi e chi più ne ha più ne metta. Costruendosi così una sua base elettorale che ha riposto in lui la speranza del cambiamento di “regime”. Ma di quale cambiamento? Val la pena ricordare due fatti più emblematici che delineano una cornice chiara del comportamento dell’assessore Rosa. Un caso, del quale mi sono occupato personalmente, ha riguardato la gestione dell’estate in città del 2018, meglio conosciuta come “la movida sul Basento” Furono affidate concessioni, da parte del suo assessorato, del bene demaniale “Lungofiume Basento a Potenza” ad alcuni imprenditori della ricreazione alimentare, attraverso associazioni, vicini al suo schieramento politico. I sospetti d’illegittimità dell’uso delle “concessioni facili” ebbero riscontro nel loro utilizzo. Sarebbero dovute essere strutture provvisorie per la ricreazione culturale dei potentini, divenute invece un vero e proprio “affare” con la somministrazione di alimenti e alcolici. Con un canone irrisorio e senza gara. Tant’è che sono stati fatte chiudere, pur se a fine stagioni e a incassi di centinaia di migliaia di euro avvenuti. Ci sono state denunce da parte della Polizia Locale e pare qualche rinvio a giudizio. Rosa in quel caso si è ben guardato dall’intervenire, nonostante chiamato in causa perché reggente dell’assessorato responsabile della gestione e concessione. Anzi, si è retratto e, a proposito di libertà di stampa, gli attori coinvolti delle amministrazioni del comune e della regione hanno inviato note e lamentele al giornale col quale collaboravo: “La Gazzetta di Basilicata” che per primo ha lanciato sospetti sull’uso del lungo fiume, con la pubblicazione di miei articoli. Ne sono seguite anche minacce nei miei confronti, poi rientrate, con messaggi vocali da parte di alcuni dei partecipanti all’affare, oltre ai tentativi di denigrazione, neppure tanto velati, dai collaboratori di Rosa: hanno avuto l’ardire di definirmi “vero nemico della città” solo perchè ho chiesto la verifica e l’applicazione della legalità, le diverse iniziative giudiziarie mi hanno dato completamente ragione, Dovrei usare anch’io lo stesso linguaggio messaggistico di Rosa?. Altro “tradimento” dei presupposti di Rosa consigliere, che chiedeva di nominare negli gli enti sub regionali, personalità competenti e scevre da condizionamenti politici, riguarda l’incarico di direttore ad Antonio Tisci all’ Agenzia Regionale per L’ambiente. Non è un mistero che la sua professione è quella di avvocato, già consigliere regionale, oggi nello stesso suo partito. A Rosa, alla luce di questi fatti, noti, viene da dire: “Ma d’addù vien, a chi penz d’ piglià p’ cul? ”

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