SE NON SI CAMBIA ROTTA I MEDICI CONTINUERANNO A FUGGIRE DALLA BASILICATA

UNA SITUAZIONE DRAMMATICA CHE RISCHIA DI AGGRAVARSI , E’ URGENTE TROVARE SOLUZIONI

Sentire il direttore generale dell’azienda San Carlo, Giuseppe Spera, annunciare al telegiornale regionale che indiranno concorsi, per assumere medici per colmare le carenze, fa una certa impressione. E’ sembrato l’urlo disperato e giustificatorio di una situazione che sembra irreversibile. Infatti è da anni che il personale sanitario si tiene lontano dal San Carlo e dalla Basilicata. Sono molti i concorsi che non portano ai risultati sperati: per la pneumologia nessuno dei tre vincitori, su sei posti disponibili a bando, ha poi accettato il posto. Oppure della “fuga” dei cinque medici dal pronto soccorso di Lagonegro, della carenza di medici al pronto soccorso di Potenza, della scarsità di radiologi nei presidi regionali, del deficit dell’ematologia, che nonostante il concorso non ha medici in numero almeno accettabile, della geriatria, della dialisi, che ultimamente ha tamponato con l’assunzione di pochi medici, della medicina e, soprattutto, di anestesisti e rianimatori, di chirurghi, dove la carenza di specialisti è davvero “acuta” Tre cardiologi sono andati via; In traumatologia-ortopedia, fino a qualche anno fa i medici erano 14, sono rimasti in quattro. E se la proposta di legge sulla riduzione della pensione nel settore sanitario dovesse prendere forma concreta i pensionamenti, prima dell’entrata in vigore, sarebbero numerosi. Lo farebbero per non perdere 4/500 euro al mese. Rimpinguando così le fila, e quindi le casse, dei privati che offrono probabilmente turni più stressanti ma certamente con soddisfazioni economiche migliori. Una situazione che non può che peggiorare se non si corre ai ripari. Se chi dirige non cambia la rotta degli investimenti e, quindi, di riorganizzazione, la declamata da più parti “sanità di eccellenza lucana” resterà solo una vana speranza nel libro dei sogni. Un medico, un infermiere, che deve venire a lavorare in Basilicata, data la scarsità di personale sanitario, considera anche che da ultimo arrivato deve lavorare molto per guadagnarsi il suo spazio, per di più in una realtà sociale non all’altezza di quelle di altre regioni del centro e del nord d’Italia, se non addirittura dell’Europa, in qualità e possibilità della vita familiare e professionale. Alcuni medici hanno rinunciato al posto in Basilicata perché proveniente da ospedali di altre regioni dove le condizioni di lavoro sono di gran lunga migliori. Significherebbe entrare in un reparto dove si lavora di più a parità di stipendio. Ed è la politica che deve non rimanere inerte. Potrebbe immaginare incentivi per ridurre la tendenza. Dovrebbe considerare la Basilicata una zona disagiata, come è per altre categorie: per esempio per i Carabinieri. Coloro che lavorano in alcuni paesi considerati particolarmente disagiati per tre anni, ne ottengono dei benefit. Si sa, gli incentivi sono un valido strumento di incoraggiamento per tenerli qualche anno. Con capitoli di spesa, che sottratti agli sprechi, ridurrebbero anche la migrazione sanitaria evitabile, e il suo costo, che potrebbe essere utilizzato a favore di medici e infermieri, che sono, sarebbe inutile ricordarlo ma sembra il caso, il perno della medicina e della cura, a differenza di altri settori del mondo sanitario: spesso più confacenti all’industria che alla sanità.

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